Nel 2002 è uscita la mia traduzione di Stones of Rimini di Adrian Stokes per i tipi di Raffaelli Editore.
Il libro è ancora acquistabile dal sito di Raffaelli Editore.
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''Poeta che mi guida: non posso pensare a migliori parole che quelle di Dante per Virgilio per descrivere Stokes come critico d’arte'' afferma il filosofo Richard Wollheim in The Image in Form. Adrian Stokes (1902-1972), esteta, critico, pittore e poeta londinese, con Stones of Rimini (una chiara eco, nel titolo, di Stones of Venice di John Ruskin) sfida l’accreditata egemonia fiorentina per affermare, al contrario, il valore fondamentale di centri rinascimentali come Venezia e Rimini con il suo Tempio Malatestiano. Stones of Rimini segna un punto d’incrocio e una transizione dall’ultima concezione dell’arte vittoriana a quella modernista, in particolar modo nell’architettura e nella scultura. Tradotto per la prima volta in italiano e con tutte le sue originali illustrazioni fotografiche, uno degli aspetti affascinanti di questo libro è la distinzione che Stokes fa tra intaglio/modellazione, conducendoci alla scoperta della magia del Tempio Malatestiano a Rimini in una sapiente combinazione tra studio, scrittura di viaggio e atto di osservazione.
Poco prima, nel giugno 2002, la Penn State University Press (USA) aveva pubblicato un nuovo libro di Adrian Stokes: The Quattro Cento and Stones of Rimini, una riedizione dei due libri in un volume unico, distribuita in Inghilterra e in Europa dalla Ashgate Press (Londra).
Questa è una delle dodici originali cartoline-annuncio, la nr. 6, di
“Stones of Rimini”, disegnata da Ben Nicholson. Mi fu allora regalata, come portafortuna per la mia
traduzione, da Mary De Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound.
Anche la sopracopertina di Stones of Rimini, pubblicato dalla Faber & Faber nel 1934, fu disegnata da Ben Nicholson, buon amico di Adrian Stokes (su Ben Nicholson vedi la voce a lui dedicata in wikipedia)
Per quanto l'accuratezza e la fedeltà della mia traduzione siano state a lungo controllate dalla Penn State
University Press, detentrice dei diritti letterari delle opere di Adrian Stokes, e in particolare da Gloria Kury, Art History and Humanities Editor della Penn State University Press, devo confessare che, se oggi
Stones of Rimini dovesse essere ripubblicato, rimetterei mano alla traduzione, correggendo qualche piccolo errore che ho in seguito, a pubblicazione avvenuta, rinvenuto. Ma Adrian Stokes non era e non è un autore facile da tradurre. Per la complessità della sua scrittura lo metto a metà strada tra Joyce e Pound.
Adrian Stokes, esteta, critico, pittore e poeta londinese, nasce il
27 ottobre 1902. In una vita di paziente ricerca ha prodotto circa venti libri di
critica e numerosi scritti, dipinti di una iridescenza misteriosa che, asseriva,
“proietta un’armatura dagli effetti architettonici che per per me significa
tutto” e, nei suoi ultimi anni, poesie con un ritmo personale e astringente. In
una lettera al Supplemento Letterario del Times nel 1965, firmata
da diciotto importanti intellettuali ed artisti, tra i quali William
Coldstream, Henry Moore, Barbara Hepworth e Richard Wollheim, lo si definiva
“il più originale e creativo.... degli scrittori sull’arte”.
Dopo
essersi laureato in storia e filosofia al Magdalen College di Oxford e aver
fatto amicizia con Robert Byron, uno dei più grandi scrittori di viaggio
britannici (noto per il suo libro del 1937 The Road to Oxiana) e con Edward Sackville West, si dedicò al
giornalismo Nel 1923-24 il padre, un ricco agente di cambio delle Midlands, lo
fornì di un gruzzolo per un giro del mondo. Visitò l’India, l’Estremo Oriente e
l’America. La povertà ed il misticismo dell’India gli permisero per contrasto
di definire i valori della vita europea, mentre il suo senso estetico veniva
preparato all’Italia dal Taj Mahal. Già nel Capodanno 1921-22, dopo aver
attraversato le Alpi, sbucato dalla galleria del Moncenisio, era stato catturato
dall’incantesimo dell’Italia e dal fascino della luce del Mediterraneo. La
chiamerà l’“esperienza Rapallo”. Cominceranno anni di permanenza in Italia e di
esplorazione dell’arte rinascimentale, sotto il forte influsso di Ruskin e
Pater. Divenne amico dei fratelli Osbert, Edith e Sacheverell Sitwell, “i primi
ad aprirmi gli occhi”, con cui trascorse lunghi periodi a Rapallo e Amalfi. Sui
campi da tennis di Rapallo (era un buon tennista) conobbe Ezra Pound, con cui trascorse
gli anni successivi a Venezia, viaggiando per l’Italia centrale e
settentrionale, alla scoperta dell’architettura della città lagunare, della
magia del Tempio Malatestiano di Rimini e del cortile del Laurana al Palazzo Ducale
di Urbino. Negli stessi anni conosceva Bernard Berenson. Intorno al 1927-28 conobbe D. H. Lawrence e fu il
primo a correggere le bozze dell’Amante di Lady Chatterly. Risultato dell’esperienza
italiana furono i suoi primi due libri The Quattro Cento: A different conception of the
Italian Renaissance (Faber
& Faber, Londra, 1932) e Stones of Rimini (Faber & Faber, Londra, 1934). Primi due libri di una
ideale trilogia che non fu mai portata a termine. Il terzo libro, mai scritto,
doveva essere interamente dedicato al Tempio Malatestiano, in maniera più approfondita
del precedente ed ispirato ai Cantos Malatestiani di Pound. Con il suo primo volume
conia il neologismo, spezzato e scritto ad iniziali maiuscole “Quattro Cento”
per definire quelle qualità dell’arte del Rinascimento che descrive come
“un’intossicazione nel mostrare la forma esterna, nello stabilizzare un
contenuto interno come forme concrete”. Il 5 luglio 1925 è la data precisa
dell’“esperienza Tempio”, affine all’“esperienza Rapallo”. L’effetto-massa del
rivestimento dell’Alberti scintillante di pietra d’Istria dell’antica gotica
San Francesco, compatta in non ritmica immediatezza l’atemporale esteriorità
che, per Stokes, rappresenta la realizzazione suprema dell’arte. Nel gennaio 1930, lettore di testi
freudiani fin dalla gioventù, fu presentato a Melanie Klein, psicanalista
britannica di origine austriaca, una delle prime allieve di Freud, con la quale
iniziò sette anni di analisi. Negli anni successivi divenne un critico di
balletto, un’altra delle sue passioni, ed un recensore d’arte e di mostre in
prestigiose riviste londinesi. Nel 1936 cominciò a dipingere. Nel luglio 1938
sposò la pittrice Margaret Mellis e durante la II Guerra Mondiale ospitò nella
sua tenuta in Cornovaglia i pittori e scultori Ben Nicholson, Barbara Hepworth
e Naum Gabo, evacuati da Londra. Si prese cura del pittore naive Alfred Wallis, comprandogli quadri, pagando il suo
funerale e proteggendo i suoi dipinti dalle autorità dopo la sua morte
nell’agosto 1942. Nel 1945 pubblica Venice: An Aspect of
Art (Faber & Faber). Nel
1946, dopo la rottura del suo matrimonio, ritorna a Londra per brevi sedute di
psicanalisi. L’anno seguente si trasferisce nel Canton Ticino, in Svizzera, per
sposarsi con Ann Mellis, sorella della prima moglie Margaret. Pubblica Cezanne (The Faber Gallery) e la sua
autobiografia, Inside Out: An
Essay in the Psychology and Aesthetic Appeal of Space (Faber & Faber), con una
dedica a Margaret. Nel 1949, tornato a Londra,
pubblica Art and Science: A Study of Alberti, Piero della
Francesca and Giorgione (Faber
& Faber), con una dedica ad Ann, nel 1951 Smooth and Rough (Faber & Faber) e nel
1952 Michelangelo: A
Study in the Nature of Art (Tavistock Publications). Continuò a dipingere e a scrivere saggi e
recensioni, sempre più apertamente influenzati dalla psicanalisi. Dal 1960 fu
per sette anni consigliere d’amministrazione della Tate Gallery, da cui già nel
1939 aveva declinato l’incarico per dedicarsi alle attività volte allo sforzo
bellico. Oggi molti suoi dipinti sono conservati
nella Tate Gallery. E oltre ai dipinti di Adrian Stokes sono conservati nella
stessa sede museale anche i quadri della prima moglie Margaret Mellis.
Dal
1968 Adrian Stokes cominciò a divenire un prolifico poeta, pubblicando Poem:
‘The start of life resembles trees. . .’. Nel 1969 si imbarca per
una prima crociera in Grecia con Ann; ne seguirà un’altra nell’aprile del 1972.
Sempre nel 1969 Stones of Rimini viene pubblicato in una nuova edizione negli Stati
Uniti, edito a New York da Shocken Books.
Nel
1971 gli viene diagnosticato un tumore al cervello. Muore nel sonno il 15
dicembre 1972, dopo che la moglie Ann lo aveva aiutato a metter su la tela, a
tenere il pennello e a intingerlo nel colore per terminare il suo ultimo
dipinto e dopo che lo aveva, ancora, aiutato a mettersi a letto per riposarsi
dallo sforzo.
Nella sua vita Adrian Stokes
realizzò un genere di fama che nulla ha a che fare con il successo. Nessun dei
suoi libri riuscì a vendere più di cinquecento copie, ma la sua prosa,
ferocemente difficile per gli standard del tempo, afferrò l’immaginazione di
alcune delle menti più interessanti e creative del suo tempo. Tra cui pittori,
poeti, architetti, critici d’arte: Henry Moore, Barbara Hepworth, Ben
Nicholson, Henry Reed, Colin St John Wilson, William Coldstream, Elizabeth
Bishop, Lawrence Gowing, Andrew Forge; e l’elenco potrebbe continuare. Ma dopo
la sua morte all’età di 70 anni, le cose sono cambiate e il suo nome è molto
più noto. Eppure i suoi libri sono conosciuti più per “sentito dire”: sono dei
solitari come fu il loro autore, titoli rari nei cataloghi bibliotecari. Ma il
2002, centenario della sua nascita e trentennale della morte, appare essere il
rilancio, ad un pubblico più ampio, della bellezza e dell’acutezza della sua
opera: una ristampa, in edizione economica, del Michelangelo da parte delle edizioni Routledge Classics; un
convegno di tre giorni a giugno all’Università di Bristol, assieme ad una
mostra di suoi quadri; un’altra mostra a New York in una galleria di Manhattan;
la stampa negli Stati Uniti, dopo
più di trent’anni di assenza, di un nuovo libro di Adrian Stokes The Quattro Cento and Stones of
Rimini,
ripubblicazione dei due libri in un singolo volume a cura della Penn State University Press,
distribuito in Inghilterra dalla Ashgate Press di Londra; quest’ultima casa
editrice londinese annunciò per la fine del 2002 un nuovo libro, con 30
illustrazioni, di Richard Read: Art and its discontents: the early
life of Adrian Stokes,
biografia di Adrian Stokes, mentre le edizioni Gallimard avevano in corso di
stampa la traduzione in francese di Venice.
Anche Rimini con questa traduzione
gli rendeva omaggio. “Nothing in
writing is easier than to raise the dead”, come afferma Adrian Stokes in Stones
of Rimini. Con
la medesima mera magia che già l’editore Walter Raffaelli applicò a Giorgio
Gemisto Pletone, sorge ora, dai recessi del Tempio di Malatesta, un altro
Lazzaro, Adrian Stokes.
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