Milo Manara, Pinocchio e la Fata dai capelli turchini |
Emanuele Luzzati, Pinocchio - La fata dai capelli turchini |
L’ultima intervista di Elémire Zolla da “LA STAMPA”- Sezione cultura 27.02.2002
«Il burattino
framassone»
Zolla:
la storia di un´iniziazione ispirata a Apuleio
«Il Pinocchio di Collodi è
un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile». Elémire
Zolla, l'intellettuale italiano più introdotto
nei segreti di Pinocchio (si veda il suo Uscite dal mondo pubblicato da Adelphi),
risponde da iniziato, scegliendo le parole con cautela quasi sacrale e
lasciando al fondo un che di enigmatico, un'eco di mistero. «Un bambino che
legga con tutto il cuore questo libro ne esce trasformato. Diventa un'altra
persona di cui non è lecito parlare».
Che genere di altra
persona?
«Una persona con una
mentalità da martire. In quale altro libro si insegna al bambino a diffidare di
tutte le autorità terrene? E chi altro può vivere disdegnando quasi
completamente la giustizia umana?».
Forse lei dice «bambino»
nell'accezione sacra per cui è «puer» il non iniziato.
«Ovviamente Pinocchio è la
storia di un'iniziazione. Come le Metamorfosi di Apuleio. Ha presente le pagine
finali? Il latino del grande retore diventa una lingua infantile quando narra
l'epifania di Iside, la madre universale, colei che compare nei sogni se si
sogna rettamente... Che poi in Collodi è la fata dai capelli turchini».
Un momento. Chi è la fata
dai capelli turchini?
«È la prefigurazione della
capra sullo scoglio nel mare in tempesta, che compare nel libro molto più
tardi, e che pure ha il pelo azzurro».
Perché Collodi
rappresenterebbe Iside come capra, oltre che come fata?
«Iside, nel mondo pagano, è
la grande mediatrice, rappresentante di tutto il mondo animale, o meglio
dell'indistinzione tra animale e umano».
In effetti in Apuleio il
protagonista è trasformato in asino. Non vorrà dire che anche le orecchie
d'asino di Pinocchio vengono di lì?
«Certo. Il che significa
semplicemente che provengono dalla cultura di base della cerchia massonica cui
Collodi apparteneva. Vede, una loggia di Firenze, al tempo di Collodi, non era
luogo di modesta cultura. Certe letture erano comuni, elementari addirittura.
La massoneria ferveva di una rinascita del pitagorismo antico, culminata poi in
Arturo Reghini, grande scrittore e matematico in lite con Mussolini e con
Evola».
Vuol dire che la
letteratura antica era un codice?
«Era linguaggio elettivo
per comunicare all'interno dell'ambiente massonico. E lì le cose su cui si posavano
gli occhi si trasmutavano. C'è un passo di Marco Aurelio: "Ricordati che
colui che tira i fili è questo Essere celato in noi, è Lui che suscita la
nostra parola, la vita nostra, è Lui l'Uomo... Cosa ben più divina delle
passioni che ci rendono simili a marionette e nient'altro". Si attaglia
alla storia del burattino, ne è la chiave».
Ma allora «Pinocchio» è un
libro per bambini o una parabola massonica?
«Entrambe le cose, è questo il miracolo. La semplicità della lingua toscana in Pinocchio nasce dal fatto che Collodi sta trasmettendo una verità esoterica è non può che esprimerla così, come la narrerebbe a un bambino. È il ritegno di chi sta parlando di cose indicibili che produce questo particolare linguaggio, in Collodi come in Apuleio».
«Entrambe le cose, è questo il miracolo. La semplicità della lingua toscana in Pinocchio nasce dal fatto che Collodi sta trasmettendo una verità esoterica è non può che esprimerla così, come la narrerebbe a un bambino. È il ritegno di chi sta parlando di cose indicibili che produce questo particolare linguaggio, in Collodi come in Apuleio».
In questa chiave esoterica,
che significa il nome Pinocchio? e Lucignolo? e il Gatto e la Volpe?
«In latino pinocolus
significa pezzetto di pino. Per un pagano è l'albero sempreverde che sfida la
morte invernale. Lucignolo è un Lucifero miserello, a misura di puer, cioè di
pre-iniziato, e il Gatto e la Volpe sono Legbà e Shù, grandi personaggi della
mitologia africana che si ritrovano anche nel Vudù. Allora si leggeva, e di
libri sul Vudù l'America di fine Ottocento era piena. Qualche massone
d'oltreoceano poteva avere informato Collodi. La vita di loggia è molto strana,
è segreta e piena di incontri».
Vuol dire che «Pinocchio»
non può comprendersi del tutto senza conoscere la massoneria?
«No, voglio dire che
Pinocchio continua un'antichissima tradizione sotterranea della letteratura
italiana. In rapporto ai rituali massonici si chiarisce il significato della
poesia medievale - Federico II, Dante e Cavalcanti - così come l'esoterismo
della Rinascenza in tutti quei grandi che vissero l'integrazione di Bisanzio nella
cultura occidentale ai tempi del concilio di Ferrara e Firenze e intorno a Enea
Silvio Piccolomini, un grande gnostico: pensi alla lettera veramente esoterica
che scrisse al sultano ottomano, al neopaganesimo di Pienza... Tutti, anche gli
alti prelati sanno che dal culto di Iside deriva la Madonna, che la leggenda
dei magi testimonia come l'atto fondante della cristianità sia l'innesto dello
zoroastrismo, come può vedersi, proprio vicino a Pienza, nei rilievi della
pieve di Corsignano!».
La prego, torni a
«Pinocchio».
«Pinocchio, come dicevo,
continua la lignée esoterica, gnostica, isiaca e neopagana, nel senso più
spirituale, che è al centro della nostra letteratura».
Il che varrebbe a dire che
la grande letteratura italiana è essenzialmente massonica?
«Varrebbe a dire che spesso
noi italiani ci lamentiamo di non avere una letteratura all'altezza, ad
esempio, di quella inglese o tedesca. Ma il fatto è che la nostra migliore
letteratura, quella laica, è sotterranea e segreta, perché a differenza degli
inglesi e dei tedeschi ha dovuto sottrarsi alla censura dell'ala meno
illuminata e elitaria della cultura cattolica».
Silvia Ronchey
Milo Manara, Lucio trasformato in asino e Iside, illustrazione da L'asino d'oro, Mondadori, Milano, 1999, p. 56 |
Nessun commento:
Posta un commento