Cagliostro: Io sono colui che è
Quando nel 1786 Cagliostro venne coinvolto nel famoso affare della «Collana della Regina» e, innocente, dovette aspramente lottare per uscire vittorioso dal processo cui fu sottoposto, vide la luce a Parigi un opuscolo a difesa di Cagliostro che ha per titolo: Mémoire pour le comte de Cagliostro; accusé contre M. le procureur-général accusateur; En présence de M. le Cardinal de Rohan, de la Comtesse de La Motte, & autes Co-Accusés, Imprimerie de Lottin, A Paris, 1786, in-8°, 51 pp., nel quale sono contenute alcune importanti e magnifiche pagine in cui Cagliostro ci parla di se stesso.
Queste pagine furono poi rielaborate e riprodotte dal Dr Marc Haven (Emmanuel Lalande, 1868-1926) nel suo volume Le Maître Inconnu - Cagliostro, étude historique et critique sur la haute magie..., Dorbon aîné, Paris, 1912, pp. 282-284.
La traduzione che segue è di Arturo Reghini (1878-1946) ed è tratta dal suo articolo «Una pagina esoterica di Cagliostro», in Ignis Rivista di Studi Iniziatici, Anno I, Numero 8-9, Agosto-Settembre 1925, Roma, pp. 269-278.
Non sono di alcun’epoca né di alcun luogo; al difuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza, e, se immergendomi nel mio pensiero risalgo il corso delle età, se distendo il mio spirito verso un modo di esistenza lontano da quello che voi percepite, divengo colui che desidero. Partecipando coscientemente all’essere assoluto, regolo la mia azione secondo l’ambiente che mi circonda. Il mio nome è quello della mia funzione, perché sono libero; il mio paese è quello in cui fisso momentaneamente i passi. Datatevi, se lo volete, da ieri, rialzandovi con l’aiuto degli anni vissuti da antenati che vi furono estranei; o da domani, per l’orgoglio illusorio di una grandezza che non sarà mai la vostra; io sono colui che è.
Non ho che un padre: varie circostanze della mia vita mi hanno fatto supporre a questo proposito delle grandi e commoventi verità; ma i misteri di questa origine, e i rapporti che mi uniscono a questo padre incognito sono e restano i miei segreti; che coloro che saranno chiamati a divinarli, ad intravederli, come io ho fatto, mi comprendano e mi approvino. Quanto al luogo, all’ora, dove il mio corpo materiale, circa quaranta anni fa, si è formato sopra questa terra; quanto alla famiglia che ho scelto per questo, voglio ignorarli; non voglio ricordarmi del passato per non aumentare le responsabilità già pesanti di coloro che mi hanno conosciuto, perché è scritto: “Tu non farai cadere il cieco”. Io non sono nato dalla carne, né dalla volontà dell’uomo: io sono nato dallo spirito. Il mio nome, quello che mi appartiene e che da me proviene, quello che ho scelto per comparire in mezzo a voi, ecco quello che io reclamo. Quello con cui mi si chiamò alla mia nascita, quello che mi è stato dato nella mia giovinezza, quelli sotto i quali, in altri tempi e luoghi, fui conosciuto, li ho lasciati, come avrei lasciato dei vestiti non più di moda ed oramai inutili.
Eccomi: sono nobile e viaggiatore; io parlo e la vostra anima freme riconoscendo antiche parole; una voce, che era in voi, e che si era taciuta da ben lungo tempo, risponde all’appello della mia; io agisco e la pace torna nei vostri cuori, la salute nei vostri corpi, la speranza e il coraggio nelle vostre anime. Tutti gli uomini sono miei fratelli; tutti i paesi mi sono cari; li percorro perché, dappertutto, lo Spirito possa discendere e trovare un cammino verso di voi. Ai re, di cui rispetto la potenza, non chiedo che l’ospitalità sopra le loro terre, e, quando mi è accordata, passo, facendo intorno a me il maggior bene possibile; ma non faccio che passare. Non sono un nobile viaggiatore?
Come il vento del Sud, come la rifulgente luce del Mezzogiorno che caratterizza la piena conoscenza delle cose e la comunione attiva con Dio, io vengo verso il Nord, verso la bruma ed il freddo, abbandonando dappertutto sul mio passaggio alcune particelle di me stesso, prodigandomi, diminuendomi ad ogni stazione, ma lasciandovi un po’ di chiarezza, un po’ di calore, un poco di forza, sino a che in fine io sia arrestato e fissato definitivamente al termine della mia carriera, all’ora in cui la rosa fiorirà sopra la croce. Io sono Cagliostro.
Perché vi occorre qualche cosa di più? Se voi foste degli infanti di Dio, se la vostra anima non fosse così vana e così curiosa, avreste digià compreso!
Ma avete bisogno di particolari, di segni e di parabole: ebbene, ascoltate! Risaliamo ben lontano nel passato poiché lo volete.
Ogni luce viene dall’Oriente; ogni iniziazione, dall’Egitto; io ho avuto tre anni come voi, poi sette anni, poi l’età d’uomo, e, a partire da questa età, non ho più contato. Tre settenari d’anni fanno ventun anni e realizzano la pienezza dell’organismo umano. Nella mia prima infanzia, sotto la legge di rigore e di giustizia, ho sofferto in esilio, come Israele tra le nazioni straniere. Ma come Israele aveva con sé la presenza di Dio, come un Metatron lo vegliava nelle sue vie, così pure un angelo possente vegliava sopra di me, dirigeva i miei atti, illuminava la mia anima, sviluppando le forze latenti in me. Egli era il mio maestro e la mia guida.
La mia ragione si formava e si precisava; mi interrogavo, mi studiavo e prendevo coscienza di tutto quello che mi circondava; ho fatto dei viaggi, parecchi viaggi tanto intorno alla camera delle mie riflessioni che nei templi e nelle quattro parti del mondo; ma quando volli penetrare l’origine del mio essere e salire verso Dio in uno slancio dell’anima mia, allora la mia ragione taceva impotente e mi lasciava in balia delle mie congetture.
Un amore che mi attirava in una maniera impulsiva verso ogni creatura, un’ambizione irresistibile, un sentimento profondo dei miei diritti ad ogni cosa dalla terra al cielo, mi spingevano e gettavano verso la vita, e l’esperienza progressiva delle mie forze, della loro sfera d’azione, del loro giuoco e dei loro limiti, fu la lotta che dovetti sostenere contro le potenze del mondo; fui abbandonato e tentato nel deserto; ho lottato con l’angelo come Giacobbe, con gli uomini e con i demoni, e questi, vinti, mi hanno appreso i segreti che concernono l’impero delle tenebre perché non potessi mai smarrirmi in alcuna delle vie dalle quali non si ritorna.
Un giorno — dopo quanti viaggi ed anni! — il Cielo esaudì i miei sforzi: si ricordò del suo servitore e, rivestito d’abiti nuziali, ebbi la grazia di essere ammesso come Mosè, dinanzi all’Eterno. Da allora ricevetti con un nome nuovo, una missione unica. Libero e padrone della vita, non pensai più che ad impiegarla per l’opera di Dio. Sapevo che Egli confermerebbe i miei atti e le mie parole, come io confermerei il suo nome ed il suo regno sopra la terra. Vi sono degli esseri che non hanno più angeli custodi; io fui uno di questi.
Ecco la mia infanzia, la mia gioventù, quale il vostro spirito inquieto e desideroso di parole la reclama; ma che sia durata per più o meno anni, che si sia svolta nel paese dei vostri padri od in altre contrade, che vi importa? Non sono un uomo libero? Giudicate i miei costumi, vale a dire le mie azioni; dite se sono buone, se ne avete viste di più possenti, e, allora, non vi occupate della mia nazionalità, del mio rango e della mia religione.
Se, proseguendo il corso felice dei suoi viaggi, qualcuno tra voi perviene un giorno a toccare quelle terre d’Oriente che mi hanno veduto nascere, che ei solamente si ricordi di me, che pronunci il mio nome, ed i servitori di mio padre apriranno dinanzi a lui le porte della città santa. Allora che egli ritorni a dire ai suoi fratelli se ho abusato tra voi di un prestigio menzognero, se ho preso nelle vostre dimore qualche cosa che non mi apparteneva.
Le vedute di San Leo: foto Emilio Salvatori |
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