Tratto da Chiamamicitta.it :
Attilio Brilli (a cura) All’epoca del Grand Tour. Viaggiatori stranieri lungo le vie consolari.
Banca CARIM.
Mah … alla fine dopo aver sfogliato questo volume uno si domanda perché esso sia stato edito. Belle le foto a tutta pagina che prevalgono sicuramente sul testo, molto conciso ed essenziale. Ma privo di un “cuore” centrale del racconto.
Attilio Brilli è uno dei massimi storici della letteratura di viaggio, oltre che autore di numerosi testi storici e interpretativi sull’argomento. Docente universitario, è stato per molti anni professore ordinario di Letteratura angloamericana presso l’Università di Siena. Digitando il suo nome sul catalogo on-line delle biblioteche OPAC Romagna (e dunque non quello nazionale) emergono, dai primi anni ’70 ad oggi, 220 pubblicazioni a suo nome fra testi propri, curatele, traduzioni: una produttività editoriale altissima. Con saggi importanti, tra i quali vanno citati almeno lo studio sulla pratica del Grand Tour Quando viaggiare era un’arte (Il Mulino, 1995), l’opera enciclopedica sulla pratica del viaggio in Italia dal Medioevo a oggi Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale (Il Mulino, 2006), le indagini sul viaggio come scoperta di un mondo altro de Il viaggio in Oriente (Il Mulino, 2009) e quelle sul viaggio come esplorazione e conquista illustrati in Dove finiscono le mappe (Il Mulino, 2012) e in Mercanti avventurieri. Storie di viaggi e di commerci (Il Mulino, 2013), in cui sono descritte le epiche imprese dei mercanti del Medioevo che aprirono nuove vie ai commerci fra Oriente e Occidente. Tra i suoi lavori più recenti Il grande racconto del viaggio in Italia. Itinerari di ieri per viaggiatori di oggi (Il Mulino, 2014).
E’ da quest’ultima opera che nasce il volume della Carim, ma anche quello della Banca Valconca Viaggiatori stranieri fra Romagna e Marche: XIX – XX Secolo (2014). Entrambi i volumi sono una riduzione a strenna bancaria di un’opera importante. Una operazione commerciale/editoriale che mi porta a chiedere: perché?
Lo dico in quanto so benissimo le difficoltà che esistono per far finanziare progetti editoriali del territorio, anche importanti. Mi si potrà rispondere: ma cosa vuoi? I soldi sono nostri e decidiamo di spenderli come ci pare. Giusto, ma fino ad un certo punto. Chiedo dunque al sistema bancario riminese più attenzione al lavoro di ricerca e di produzione dei centri culturali del territorio, cosa che in parte diversi istituti (ma non tutti) stanno già facendo. E in questi anni di crisi anche il più piccolo finanziamento è prezioso per consentire il prosieguo di attività che danno alla Città risultati importanti.
Mi scuso con Brilli per averlo chiamato in causa. Non è la sua competenza in discussione. Mi sia dunque consentito dire che il capitolo del libro edito dalla Carim e dedicato a Rimini ha annotazioni interessanti. L’essere Rimini crocevia: “nella lunga stagione del Grand Tour e quindi del viaggio in Italia, tra la fine del XVI e gli inizi del XX secolo, non c’è viaggiatore che non faccia tappa a Rimini, sia che provenga da Roma o da Bologna, oppure da Perugia o da Ancona”.
Brilli cita poi le relazioni di viaggio degli inglesi Joseph Forsyth di inizio ‘800, di John Addington Symonds negli anni Settanta dell’800, di Edward Hutton a cavallo fra ‘800 e ‘900, dell’americano Dan Fellows Platt che nel 1904 percorre l’Italia “with car”. Ed infine l’inglese Adrian Stokes negli anni ’30, autore dello straordinario volume Stones of Rimini dedicato al Tempio Malatestiano (tradotto nel 2002 da Moreno Neri per l’editore Raffaelli).
Il giudizio di tutti questi forestieri su Rimini è comune: “Rimini non è una città attraente, … una città in nessun modo pittoresca, una città campagnola che s’estende quasi alla maniera dei suburbi industriali del nord” (Stokes). Ma nel caso di Stokes poi c’è l’incontro con il Tempio Malatestiano e la scoperta della figura di Sigismondo Pandolfo Malatesta: un amore a prima vista.Nella Presentazione del volume è scritto: “Un tempo la circolazione di persone da un luogo all’altro dell’Europa era legato ad eventi contingenti: commerciali, diplomatici, bellici, religiosi; o culturali in senso stretto: si pensi ad esempio a quella esigua minoranza di studenti che nel Medioevo frequentò le università di Bologna, Siena, Padova. Dalla seconda metà del ‘500 e viepiù nel corso del ‘600, la connotazione del viaggio finì per coincidere con quella del Grand Tour che nel ‘700, Epoca dei Lumi, divenne fenomeno diffuso e à la page: alcune privilegiate elite di touristes, inglesi soprattutto, fecero dell’Italia, il mitico approdo di virgiliana memoria, la meta privilegiata delle loro peregrinazioni laiche, alla ricerca di testimonianze dell’antichità greca e romana”. Ed è così che anche Rimini finì nel circuito del Grand Tour.
Paolo Zaghini
Attilio Brilli (a cura) All’epoca del Grand Tour. Viaggiatori stranieri lungo le vie consolari.
Banca CARIM.
Mah … alla fine dopo aver sfogliato questo volume uno si domanda perché esso sia stato edito. Belle le foto a tutta pagina che prevalgono sicuramente sul testo, molto conciso ed essenziale. Ma privo di un “cuore” centrale del racconto.
Attilio Brilli è uno dei massimi storici della letteratura di viaggio, oltre che autore di numerosi testi storici e interpretativi sull’argomento. Docente universitario, è stato per molti anni professore ordinario di Letteratura angloamericana presso l’Università di Siena. Digitando il suo nome sul catalogo on-line delle biblioteche OPAC Romagna (e dunque non quello nazionale) emergono, dai primi anni ’70 ad oggi, 220 pubblicazioni a suo nome fra testi propri, curatele, traduzioni: una produttività editoriale altissima. Con saggi importanti, tra i quali vanno citati almeno lo studio sulla pratica del Grand Tour Quando viaggiare era un’arte (Il Mulino, 1995), l’opera enciclopedica sulla pratica del viaggio in Italia dal Medioevo a oggi Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale (Il Mulino, 2006), le indagini sul viaggio come scoperta di un mondo altro de Il viaggio in Oriente (Il Mulino, 2009) e quelle sul viaggio come esplorazione e conquista illustrati in Dove finiscono le mappe (Il Mulino, 2012) e in Mercanti avventurieri. Storie di viaggi e di commerci (Il Mulino, 2013), in cui sono descritte le epiche imprese dei mercanti del Medioevo che aprirono nuove vie ai commerci fra Oriente e Occidente. Tra i suoi lavori più recenti Il grande racconto del viaggio in Italia. Itinerari di ieri per viaggiatori di oggi (Il Mulino, 2014).
E’ da quest’ultima opera che nasce il volume della Carim, ma anche quello della Banca Valconca Viaggiatori stranieri fra Romagna e Marche: XIX – XX Secolo (2014). Entrambi i volumi sono una riduzione a strenna bancaria di un’opera importante. Una operazione commerciale/editoriale che mi porta a chiedere: perché?
Lo dico in quanto so benissimo le difficoltà che esistono per far finanziare progetti editoriali del territorio, anche importanti. Mi si potrà rispondere: ma cosa vuoi? I soldi sono nostri e decidiamo di spenderli come ci pare. Giusto, ma fino ad un certo punto. Chiedo dunque al sistema bancario riminese più attenzione al lavoro di ricerca e di produzione dei centri culturali del territorio, cosa che in parte diversi istituti (ma non tutti) stanno già facendo. E in questi anni di crisi anche il più piccolo finanziamento è prezioso per consentire il prosieguo di attività che danno alla Città risultati importanti.
Mi scuso con Brilli per averlo chiamato in causa. Non è la sua competenza in discussione. Mi sia dunque consentito dire che il capitolo del libro edito dalla Carim e dedicato a Rimini ha annotazioni interessanti. L’essere Rimini crocevia: “nella lunga stagione del Grand Tour e quindi del viaggio in Italia, tra la fine del XVI e gli inizi del XX secolo, non c’è viaggiatore che non faccia tappa a Rimini, sia che provenga da Roma o da Bologna, oppure da Perugia o da Ancona”.
Brilli cita poi le relazioni di viaggio degli inglesi Joseph Forsyth di inizio ‘800, di John Addington Symonds negli anni Settanta dell’800, di Edward Hutton a cavallo fra ‘800 e ‘900, dell’americano Dan Fellows Platt che nel 1904 percorre l’Italia “with car”. Ed infine l’inglese Adrian Stokes negli anni ’30, autore dello straordinario volume Stones of Rimini dedicato al Tempio Malatestiano (tradotto nel 2002 da Moreno Neri per l’editore Raffaelli).
Il giudizio di tutti questi forestieri su Rimini è comune: “Rimini non è una città attraente, … una città in nessun modo pittoresca, una città campagnola che s’estende quasi alla maniera dei suburbi industriali del nord” (Stokes). Ma nel caso di Stokes poi c’è l’incontro con il Tempio Malatestiano e la scoperta della figura di Sigismondo Pandolfo Malatesta: un amore a prima vista.Nella Presentazione del volume è scritto: “Un tempo la circolazione di persone da un luogo all’altro dell’Europa era legato ad eventi contingenti: commerciali, diplomatici, bellici, religiosi; o culturali in senso stretto: si pensi ad esempio a quella esigua minoranza di studenti che nel Medioevo frequentò le università di Bologna, Siena, Padova. Dalla seconda metà del ‘500 e viepiù nel corso del ‘600, la connotazione del viaggio finì per coincidere con quella del Grand Tour che nel ‘700, Epoca dei Lumi, divenne fenomeno diffuso e à la page: alcune privilegiate elite di touristes, inglesi soprattutto, fecero dell’Italia, il mitico approdo di virgiliana memoria, la meta privilegiata delle loro peregrinazioni laiche, alla ricerca di testimonianze dell’antichità greca e romana”. Ed è così che anche Rimini finì nel circuito del Grand Tour.
Paolo Zaghini